TELE E TAVOLOZZE |
«Ma Giaele, moglie di Eber, prese un picchetto della tenda, prese in mano il martello, venne pian piano a lui e gli conficcò il picchetto nella tempia, fino a farlo penetrare in terra. Egli era profondamente addormentato e sfinito; così morì»
GIUDICI 4,21
GIAELE E SISARA
Debora, ispirata da Dio, manda a chiamare Barak a guidare gli Israeliti e gli dice di attaccare senza remore l’esercito di Iabin. Quando si scatena la battaglia, un fortissimo temporale blocca i carri cananei rimanendo impantanati nella pianura settentrionale della Terrasanta. In questo scenario di panico i militari si disperdono inseguiti dagli ebrei. Sìsara fugge verso un accampamento Kenita e si introduce nella tenda di Cheber. A questo punto un’altra donna compare nella vicenda odierna: è Giaele, la moglie di Cheber, donna scaltra e coraggiosa, che scegliendo di schierarsi dalla parte dei più deboli, incrociando lo sguardo dello sfiancato Sisara, non teme di fingersi debole e paurosa; dopo averlo accolto nella tenda con l’inganno, dapprima gli offre una vivanda, quindi lo invita a riposarsi. Sfinito dalla battaglia, appena il Cananeo, si addormenta, Giaele prende un piolo da tenda e glielo conficca nelle tempie. Colpito da circostanze avverse, e senza il loro capo, l’esercito cananeo, malgrado la superiorità numerica e l’armamentario da guerra indiscutibilmente molto più sofisticato rispetto all’esercito israelita, viene completamente annientato.
ARTEMISIA GENTILESCHI |
GIAELE E SISARA |
ARTEMISIA: LA PITTRICE DI DIO
Questo quadro, olio su tela dipinto dal 1739 al 1752 si riferisce alla storia di Giaele e Sisara in toni di delicati colori che contrastano enfaticamente con il dramma dell’evento biblico raccontato. Giaele rappresenta l’archetipo dell’eroe, è forte, coraggiosa, dinamica, esigente. È l’artefice di un prezioso cambiamento. La scena dipinta da Artemisia non riproduce i toni tragici del racconto biblico; al contrario, essa è pervasa da un'atmosfera calma, che potrebbe, alla prima impressione, sembrare quasi idilliaca, quando si guardi il guerriero che giace sdraiato in un sonno ristoratore e par quasi che appoggi il capo sul grembo di una deliziosa fanciulla, vestita con un elegante abito di seta gialla e con i capelli ramati raccolti in una ricercata acconciatura. Giaele che uccide il generale Sisara piantandogli nell’orecchio un lungo chiodo. Solo guardando le braccia scoperte e le mani della fanciulla ci si accorge che - armata di picchetto e martello - sta per colpire l'inconsapevole generale, che aveva creduto nella sua ospitalità. Il viso di Giaele è calmo, come di chi si accinge a un'azione consueta, né si coglie nella leggerezza dei gesti lo sforzo necessario ad assestare un colpo di eccezionale violenza.